Sono qui nella mia cucina, ho in mano la mia tazza acquistata a Londra, piena di caffè americano. Ho voglia di aggiungere al caffè un pizzico di cannella, amo il suo aroma. Apro il cassetto delle spezie e viene fuori prepotente, il profumo del tè alla menta comprato in Marocco. Questo odore mi rimanda a scene di vita quotidiana nei souk.
Rivedo il saliscendi di morbide linee che coprono l’orizzonte. Mi ritrovo tra le silenti dune del deserto, che ho ancora impresse nella mia memoria. Una delle cose più belle, che un viaggio come quello in Marocco ci ha lasciato, è la possibilità di conoscere storie di vita assolutamente affascinanti, così lontane dal nostro mondo. Scoprire la cultura di popoli come questo, è come aprire uno scrigno colmo di tesori,e noi ci abbiamo sbirciato dentro.
Oggi ti voglio raccontare la storia di Mustapha nomade del deserto marocchino.
Da Marrakech ci dirigiamo verso le montagne dell’Alto Atlante, il nostro viaggio on the road attraverso il Marocco ha inizio. Tra questi luoghi incontriamo il nostro autista, che ci accompagnerà per tanti giorni alla scoperta del paese, il suo nome è Mustapha. Devo dire che appena lo abbiamo visto, con quei suoi occhiali spessi, ci siamo un po’preoccupati. Eravamo titubanti nel fidarci totalmente di una persona sconosciuta, lo devo ammettere, con due bambini poi è ancora più difficile, ma ci siamo affidati. Lui si è presentato in modo gioioso, parlando un po’ italiano e un po’ spagnolo, con il suo accento marocchino. Giorno dopo giorno la diffidenza si è trasformata in stima e poi, posso dire, in amicizia.
Il racconto di Mustapha nomade del deserto
Mustapha si è aperto con noi, facendoci dono della sua straordinaria storia. Mentre arriviamo a 2260 metri di altezza, davanti a questo selvaggio, meraviglioso paesaggio, la nostra guida ci dice di essere appartenuto ad una famiglia nomade.
“Ci spostavamo di continuo, una volta camminammo dal deserto verso il nord del Marocco, per 52 giorni di seguito alla ricerca di cibo”. Dice. “Si soffriva la fame, il caldo, e tra le montagne, il freddo”. Attraversiamo i bellissimi villaggi berberi, con le classiche case rosse di paglia e fango, Mustapha continua il suo racconto.
“Essere nomadi, significa anche essere liberi. Nessuno può costringere un vagabondo a fare nulla. I nomadi non hanno documenti, non sono nessuno per il paese e quindi non hanno obblighi, come pagare le tasse o altro. Ogni giorno si è liberi di fare o andare dove si vuole. La natura poi, è una grande maestra”. Mustapha sa tutto sul deserto, sulle erbe che vi si trovano e sugli animali, in particolare conosce bene i dromedari. Ci regala dei datteri strepitosi, coltivati in un palmeto stupendo. Ci consiglia di provare il caffè berbero, che si trova solo nel deserto. Il caffè sa di zenzero, cannella e altre erbe che crescono solo tra le dune.
Continuiamo il nostro viaggio, per strada troviamo un pastore che guida un asinello, sulla cui groppa sono accucciate tre caprette appena nate. Immagino la vita da nomade, durissima, ma senza catene. “I contadini”, continua la nostra guida “hanno cominciato a coltivare pian piano tutti i terreni del nord, dove c’era più cibo e non gradivano la presenza dei nomadi”. Così tutta la famiglia si è dovuta spostare verso le zone secche, dove però non si trovava nulla da mangiare. Gli animali hanno cominciato a morire e il padre di Mustapha ha deciso per il bene comune, di cambiare vita.
Mustapha nomade del deserto cambia vita
Mustapha e i suoi fratelli hanno trovato lavoro. Hanno cominciato accompagnando i turisti sui cammelli nel deserto, poi è arrivata la possibilità di lavorare come autista e guida. L’uomo che ora ci sta guidando attraverso questo meraviglioso paese, è stato un nomade fino all’età di 22 anni, non è andato a scuola, ma la vita gli ha insegnato tutto. Oggi ha 30 anni, è un papà, parla 5 lingue, ha visto ogni angolo del Marocco e sa cose che noi non impareremo mai. Conosce i segreti della terra, sa far nascere gli animali e prendersene cura. Ci racconta di un dromedario che ha fatto nascere, a cui ha dato il nome Mustapha secondo. È nato così, tra animale e padrone, un profondo legame. Quando la famiglia nomade ha venduto tutti gli animali, Mustapha questo dromedario non ha voluto venderlo, ora è con suo fratello che lavora con i dromedari.
L’incontro con una famiglia nomade
Nei pressi del deserto vive una famiglia nomade. Ci è concesso di andare a visitarli, per vedere il loro modo di trascorrere le giornate. In una casetta fatta di paglia e fango, una donna stende il pane, un’altra donna accende il fuoco, sotto il piccolo forno costruito da loro. Ci lasciano entrare nel loro mondo. Nelle stanze ci sono solo coperte e pochissimi oggetti di uso quotidiano, nessun mobile a parte un minuscolo tavolo. Alcuni rami coperti da paglia e coperte, formano una capanna per tenere al fresco i grossi contenitori d’acqua. I bambini riposano su un materasso, steso sulla terra sotto una tenda.
Poco lontano all’aperto, vediamo un vecchio bellissimo telaio. La donna ha preparato il tè alla menta, per offrirlo ai viandanti come noi che vengono a visitare la sua casa. Dopo poco i bimbi nomadi si alzano e si avvicinano alle caprette, la sorella più grande tiene per mano il fratellino. Davide vorrebbe giocare con loro, ma sono un po’ timidi. Hanno gli occhi sereni e accennano un sorriso sincero. Sentiamo il ragliare dell’asino, ma tutto il resto è silenzio. Il tempo non esiste più. Oggi abbiamo imparato tanto.
Mustapha nomade del deserto e il suo orgoglio berbero
Lasciamo la famiglia di nomadi, che ci ha mostrato dal vivo ciò che ci ha raccontato Mustapha. Continuiamo ad andare, la strada infinita e polverosa lascia spazio alle prime dune, che affiorano dorate in lontananza. Un bambino con in mano un piccolo animale si avvicina al finestrino. È in cerca di qualche moneta, in cambio di una carezza a quella che scopriamo essere una piccola volpe del deserto. Il nostro amico nomade, per attraversare le dune, si è vestito con la tipica veste lunga e il grosso turbante. Insieme ai bambini si diverte ad arrotolarlo e srotolarlo, è davvero lunghissimo!
Noto che sul dito ha un grosso anello in argento, dalla forma rettangolare, (in Marocco gli uomini usano l’argento, l’oro si addice più alle donne) con delle strane incisioni in una lingua sconosciuta. Ci dice che è l’alfabeto berbero, che sta a simboleggiare le sue origini. Per strada ha comprato un dado da appendere in auto, con su disegnata la bandiera berbera. Noi vogliamo sapere sempre di più, lui ci dice cosa rappresentano i colori della bandiera berbera. L’azzurro raffigura il mare, il giallo la sabbia del Sahara, il verde le montagne e anche la libertà. La lettera Z dell’alfabeto berbero, rappresenta coloro che sono morti per far riconoscere la propria cultura. Il rosso è infatti il colore della resistenza. Che cultura affascinante e preziosa, dalle profonde radici.
La sera, nel deserto di Merzouga, ci attendono le luci soffuse delle lampade, poste lungo gli eleganti tappeti del nostro campo tendato. Il fuoco nel grande braciere e le migliaia di stelle si accendono. Una notte incantata, fatta di ritmi antichi, di tamburi, di occhi neri gioiosi e di turbanti colorati, ha inizio. Vorremmo non finisse mai. Mustapha si trasforma in musicista, i nostri occhi sono carichi di meraviglia, ci chiediamo se c’è una cosa che non sa fare. La mattina giochiamo insieme tra le dune, Mustapha come sempre, inventa giochi originali per intrattenere i bambini, li coccola, asseconda ogni loro capriccio. Prende Davide sulle spalle e giocano a cavaliere e dromedario. Si rotola nella sabbia con Manuele. Si arrampicano sulle dune e lui gli lancia il turbante srotolato come fosse una corda.
Davide ad un certo punto, vuole giocare per forza con una paletta nella sabbia, ma purtroppo l’abbiamo dimenticata a casa. Mustapha ha sempre un asso nella manica e ci procura una strana paletta bucherellata. Davide è contentissimo, comincia a giocare seduto nei pressi della nostra tenda, con quelli che in principio ci sembrano sassi scuri. All’improvviso il nostro autista esclama con il suo bellissimo accento:”No, no è sasso, è cacca di dromedario!” Quante risate, be’ adesso ci siamo fatti un’idea sull’utilizzo della paletta bucata!
Insomma, Inutile dire che i bambini hanno eletto Mustapha, compagno di giochi preferito. E alla fine di questa incredibile avventura vissuta insieme, dopo tutto quello che abbiamo visto e imparato grazie a lui, con tutta sincerità dico, che non avremmo voluto dirgli addio.
Ciao Mustapha nomade del deserto, e come dici sempre tu: inshallah! Magari un giorno ci rivedremo.
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Trovo affascinante entrare, in punta di piedi, nella vita e nella cultura di altri popoli. Il racconto di un uomo che rappresenta quelli di tanto altri del suo popolo. Un arricchimento personale importante.
Brava Rossella! Non ti nascondo che conoscere Mustapha e con lui la cultura di un popolo è stata la parte più arricchente del viaggio!